La Volpe abbattuta e il caso Ilaria Alpi. Stragi dimenticate
Prima puntata
di Erminia Borzì
L’INCHIESTA – C’è un filo invisibile, come la tela di un ragno, che lega il disastro aviatorio dell’elicottero Volpe 132, precipitato in Sardegna il 2 marzo 1994, con l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
(avvenuto a Mogadiscio, 20 marzo 1994). Probabilmente anche la caduta
di questo elicottero fa parte di quelle stragi avvenute in Italia fino
agli inizi degli anni ‘90 e, probabilmente, se Pasolini fosse stato
ancora in vita avrebbe incluso questo fatto di cronaca nera nella famosa
lettera che pubblicò sul Corriere della Sera nel 1974, intitolata: Cos’è questo golpe? Io so. “Io so – scriveva Pasolini – Ma non ho le prove. Non ho nemmeno
indizi! […] La ricostruzione della verità a proposito di ciò che è
successo in Italia, a partire dal 1968, non è poi così difficile”.
Siamo a Salto di Quirra, in Sardegna, davanti al poligono missilistico di Feraxi,
a nord di Capo Ferrato (costa sud orientale della Sardegna), quattro
persone del luogo, intorno alle 19:15/30, Giovanni Utzeri, Luigi Marini,
Antonio Cuccu e Giuseppe Zuncheddu, vedono da angolazioni diverse un elicottero della Guardia di Finanza, velivolo Volpe 132, A-109 (Augusta 109), sorvolare questa zona, incendiarsi, esplodere e precipitare in mare.
Tutti e quattro i testimoni oculari hanno dichiarato che l’elicottero
in questione è caduto in prossimità di una nave portacontainer (in
seguito identificata con il mercantile Lucina),
ancorata in quel tratto di mare, dove la motovedetta G.63 Colombina
della GdF seguiva l’elicottero. Nell’immediatezza dei fatti le forze
dell’ordine della zona hanno raccolto le dichiarazioni dei quattro
testimoni; in seguito, hanno negato addirittura l’esistenza del
mercantile a Feraxi. Secondo alcuni abitanti della zona, invece, il
Lucina avrebbe preso rapidamente il largo dopo l’abbattimento
dell’elicottero. Alla presenza del t. col. dell’Aeronautica militare,
Enrico Moraccini, capo della Commissione d’Inchiesta per accertare la
dinamica dei fatti, al mar. llo di P.G. Angelo Anedda e al brig.
Giuseppe Madera, Luigi Marini, alcuni giorni dopo la tragedia, sono
state messe per iscritto le dichiarazioni rese il giorno
dell’”incidente”: […] “La sera del 2 marzo 1994, intorno alle 19:15/:25,
mentre pescavo sul fiume Picocca, ho sentito un rumore di motori in
lontananza e, scrutando il cielo, ho cercato di capire da dove venisse.
In quell’attimo, in direzione di Capo Ferrato, sul lato sinistro,
guardando il mare, ho visto un fascio di luce salire dal basso verso l’alto e subito ricadere verso il basso.
Da quel momento il rumore è cessato”. La luce salita dal basso verso
l’altro e ridiscesa al suolo era un missile terra aria,forse uno FIM-92
Stinger?
In questo presunto incidente muoiono il mar. llo Gianfranco Deriu, 41 anni, e il brig. Fabrizio Sedda, 28 anni. I due sottufficiali risultano ancora dispersi in mare.
Che fine hanno fatto i loro corpi? “A bordo del Volpe 132 mi sento più
sicuro che al volante della mia auto”, diceva il mar.llo Deriu ai suoi
colleghi. Gianfranco Deriu aveva maturato 25 anni di onorato servizio e
migliaia di ore di volo tanto da diventare il più esperto elicotterista
della Sardegna; ha lasciato una moglie e due figli.
“Fabrizio è morto perché insieme al suo
collega aveva scoperto un traffico illecito di droga ed armi dove sono
coinvolti organi delle istituzioni italiane e straniere”, ha scritto
alla famiglia Sedda un anonimo rimasto tale fino ad oggi, spiegando il
perché della fine tragica del giovane militare. Fabrizio Sedda aveva la
passione per il volo ed era considerato un pilota esperto e affidabile;
da Milano era ritornato in Sardegna e, da circa due mesi, prestava
servizio al II gruppo nucleo elicotteristi del comando GdF di Cagliari.
Il brig. Sedda si era fatto subito stimare dai colleghi, supportando
Deriu nelle ronde di controllo sulla costa.
- La nave fantasma -
Il 6 luglio 1994, quattro mesi dopo la
caduta dell’elicottero Volpe 132, il mercantile Lucina è stato lo
scenario di un’altra strage, avvenuta nel porto di Jenjen, sprovvisto di
adeguate misure di sicurezza e distante 300 chilometri da Algeri.
Stranamente, il mercantile sostava a Jenjen da 27 giorni per un ritardo
di scarico merci che sarebbe dovuto avvenire nel sicuro porto di
Djendjen. Tutti i membri dell’equipaggio del Lucina furono sgozzati come se si trattasse di un’esecuzione e non di un tentativo di saccheggio da parte della pirateria locale. Tra le merci trasportate dal Lucina c’erano anche 600 tonnellate di materiale “non dichiarato”
che, secondo un articolo scritto a due mani da Magdi Cristiano Allam e
da Nacera Benali per il giornale Repubblica (1997), potrebbe riferirsi
ad un carico di armi. L’armatore della Lucina, Massimo
Cellino, ha dichiarato agli inquirenti che il comandante del mercantile,
Salvatore Scotto, lo chiamava tutti i giorni dicendo di sentirsi in
pericolo e chiedendo di contattare l’ambasciata italiana per accelerare
la procedura di scarico merci, rallentata dal governo algerino. Pare
che, la notte della strage, il comandante sia stato costretto a far
salire alcune persone non identificate a bordo del mercantile, forse con
la promessa di poter attraccare a Djendjen. Questi “visitatori”, che in
seguito si rivelarono essere terroristi islamici, secondo la
ricostruzione dei fatti, non hanno voluto pagare il conto della “merce”
trasportata dal Lucina e per questo motivo hanno sterminato tutto
l’equipaggio della nave. E’ credibile tale ricostruzione? E’ credibile
che il comandante e il suo equipaggio fossero a conoscenza che, tra i
sacchi di semola trasportata sul mercantile, ci fossero anche armi? Se
il comomandante Scotto chiamò ripetutamente l’armatore Cellino
probabilmente non era a conoscenza del vero scopo del suo viaggio in
Algeria e probabilmente si rese conto solo dopo del pericolo che stava
correndo insieme al suo equipaggio. C’è da chiedersi perché ci fu un
tale ritardo da parte dell’armatore Cellino e del governo italiano
all’insistente richiesta di aiuto di Scotto e per quale motivo i
terroristi salirono a bordo del mercantile senza aspettare di prelevare
ciò che gli interessava nel porto di Djendjen.
Secondo varie ipotesi che furono
formulate dalle Procure di Trapani e di Napoli, che si sono occupate
della vicenda, molte delle responsabilità sulla strage del Lucina sono
attribuibili all’ambasciata italiana di Algeri, la quale era a
conoscenza che su quella nave avrebbe dovuto imbarcarsi un ex agente
segreto, un certo Gaetano Giacomina di Oristano, alias G-65, per anni
infiltrato in Algeria. L’agente G-65 è morto misteriosamente a Capo
Verde, nel 1998.
======================================================================
Ilaria Alpi, la vicenda del Volpe e il mercantile Lucina: il filo rosso dei depistaggi
Seconda Puntata
di Erminia Borzì
Le indagini del G.I Mauro Mura e del
P.M. Guido Pani, vertono sull’accusa di “disastro aviatorio” e di
“omicidio colposo plurimo”. Le perizie effettuate dai carabinieri del
Ris subiscono però diversi rallentamenti nel corso delle indagini, come
pure la consulenza di parte per accertare se sui rottami del velivolo ci
fossero tracce di esplosivo. “La risposta del Ris non è mai arrivata”,
ha dichiarato l’avvocato delle parti civili Deriu e Sedda, Carmelo
Fenudi, “l’accertamento se ci fosse stata traccia di esplosivo o di
altro materiale che potesse far pensare all’abbattimento dell’elicottero
sarebbe stata importante per trasformare l’accusa da omicidio colposo
plurimo a duplice omicidio volontario, che prevede l’ergastolo e
l’imprescrittibilità del reato. Da parte del Ris sono arrivate solo due
richieste di proroghe di 30 giorni: la prima avvenuta il 19 maggio 2005 e
la seconda il 18 agosto dello stesso anno. Appare pertanto non
giustificata una richiesta di archiviazione fondata sul fatto che,
ancora oggi, la consulenza tecnica non sia stata ancora espletata e
depositata”.
Eppure i testimoni hanno sempre
sostenuto un’unica tesi e raccontato i medesimi avvenimenti. La fuga
repentina del mercantile Lucina ha fatto ipotizzare una relazione tra la
nave e l’esplosione dell’elicottero, il cui relitto non è stato
ritrovato, eccetto qualche frammento recuperato dai testimoni o
depositato sul fondo del mare. Gli inquirenti hanno anche pensato che la
zona sia stata “ripulita” e che quindi, come è stato fatto allontanare
il mercantile, così sono stati rimossi i rottami dell’elicottero.
Durante le indagini, la Procura di
Cagliari ha chiesto formalmente al Comando Provinciale della Guardia di
Finanza se nei primi giorni di marzo vi fossero ancorate navi civili o
militari nella baia di Feraxi. La Gdf ha riferito alla Procura che il
Comando Generale non poteva consegnare agli inquirenti “documenti
classificati” composti da 29 cartelle, i quali facevano riferimento ad
una direttiva della Presidenza del Consiglio nella quale si diceva che
le comunicazioni dei Servizi (Segreti) non possono essere utilizzate e
quindi coperte da segreto di Stato (PCM-ANS 1/R).
Da una parte la Gdf di Cagliari ha
affermato che sul mare di Feraxi non c’erano navi, negando la presenza
del Lucina, il Sismi, invece, ha imposto il silenzio anche sulla vicenda
del Volpe 132.
Ma c’è dell’altro. Il quarto testimone
della caduta dell’elicottero Volpe 132, il pastore Giuseppe Zuncheddu,
ha dichiarato agli inquirenti di avere ricevuto la visita di un
colonnello dei Carabinieri che, con un elicottero, è atterrato in
prossimità del suo ovile e lo ha interrogato personalmente su cosa
avesse visto quel 2 marzo 1994. Zuncheddu era un testimone ancora
sconosciuto alla Procura ed è apparso strano che, senza avvertire la
Procura, un ufficiale dell’Arma sia andato personalmente a casa di un
pastore quando avrebbe potuto convocarlo in caserma. Si è recato
personalmente a Burcei per accertarsi che ciò che il pastore aveva visto
fosse rilevante per l’andamento delle indagini? Per ordine di chi? La
testimonianza del pastore è molto importante perché indica la rotta
dell’elicottero. Secondo quanto visto da Zuncheddu, infatti, il velivolo
Volpe 132 ha sorvolato ad una certa quota il massiccio dei Sette
Fratelli e il canalone di Campuomu. Quindi l’elicottero non si trovava
in una zona d’ombra non visibile ai radar perché a sud della costa non
ci sono montagne.
I giornalisti Piero Mannironi e Pier
Giorgio Pinna dell’”Unione Sarda” si sono anche chiesti come mai non sia
stata disposta una consulenza tecnica sulle registrazioni tra la
centrale operativa del II gruppo del Nucleo Elicotteristi GdF di
Cagliari e l’elicottero Volpe 132. Quel giorno l’unico radar funzionante
era quello di Monte Codi (Radio Detection and Ranging) che, secondo
quanto detto dai militari del Poligono Interforze di Salto di Quirra,
non ha segnalato niente di anomalo. Gli altri radar della zona, quello
di Elmas (da dove sono partiti Deriu e Sedda) e di Salto Quirra, non
erano funzionanti e le comunicazioni T/B/T si sono interrotte alle 19.14
circa. Sono seguiti interminabili 40 minuti di silenzio che hanno
presagito la tragedia dell’elicottero. I nastri delle comunicazioni
T/B/T sono stati tagliati? Com’è possibile che quel giorno l’elicottero
della GdF, la motovedetta Colombina e il mercantile Lucina non siano
stati intercettati dal radar?
C’è inoltre un particolare molto
importante. La Commissione Ministeriale d’Inchiesta per l’omicidio Alpi –
Hrovatin, istituita nel 2001, che ha indagato anche sulla scomparsa
dell’elicottero Volpe 132, ha appurato che i due piloti della GdF
controllavano, in condizioni meteorologiche buone, un ampio raggio tra
Capo Carbonara (dove fu ritrovato il casco di uno dei piloti),
Serpentara e Capo Ferrato. L’elicottero Volpe 132 A-109 e la Colombina
dovevano scandagliare la costa cooperando attraverso un intenso contatto
radio. Nella relazione della la Commissione tecnica formale nominata
dal Ministero della Difesa (Commissione d’Inchiesta militare) questo
“legame di sinergia operativa” da prima viene confermato ma, in seguito
smentito anche dalla Guardia di Finanza. La motovedetta G.63, comandata
dal mar.llo Atzori, secondo la procedura di controllo della costa e del
mare, avrebbe dovuto solcare anche la zona tirrenica del nord della
Sicilia e non ripiegare subito sulla baia di Feraxi. Inoltre, secondo il
racconto dei militari a bordo della Colombina l’elicottero Volpe 132 è
stato perso di vista a Serpentara e solo dopo la motovedetta della GdF
si è diretta verso Capo Ferrato. In un secondo momento, però, gli
inquirenti hanno controllato i tracciati del radar di Monte Codi e il
mar.llo Atzori ha dovuto confermare “la versione del tracciato”, ossia,
che, quando l’elicottero è sparito, la Colombina era sotto il velivolo,
avendo ben visibile le scritte dell’elicottero e, solo dopo averlo perso
di vista, ha cambiato la rotta. Dalla costa, i testimoni Utzeri,
Marini, Cuccu e Zuncheddu hanno visto la forte esplosione da Capo
Ferrato, dove il mar.llo Atzori ha dichiarato di essersi diretto dopo
aver perso di vista l’elicottero Volpe 132. Come ha fatto la motovedetta
Colombina a non accorgersi dell’esplosione essendo sulla traiettoria
del velivolo? Altro mistero.
Il 15 maggio 1994, la Commissione
d’inchiesta militare ha archiviato la morte del mar.llo Deriu e del
brig. Sedda come incidente senza specificarne le cause.
La Procura ha sentito anche il comandate
del Poligono Interforze di Serra di Quirra, il Gen. Fabio Molteni, il
quale ha dichiarato che il tratto di costa compreso tra Capo Ferrato e
la baia di Feraxi non rientra nella loro giurisdizione. Quindi, se ci
fosse stata una nave (il mercantile Lucina) ancorata a largo nella baia
di Feraxi, non competeva alla base militare accertare la “natura” del
carico del mercantile. Il gen. Molteni parla di tratto di costa e non di
tratto di mare perché i confini del Poligono militare di Serra di
Quirra terminano a Capo San Lorenzo, a nord di Capo Ferrato. Se, invece,
il Gen. avesse inteso “tratto di mare”, la zona sarebbe stata ad ampio
raggio, comprendendo anche quella lontana dalla costa e i mezzi ancorati
in mare aperto in direzione del Poligono.
Di tutta questa faccenda è sicuro che
alle 14:00 del 2 marzo 1994, al mar. llo Deriu e al brig. Sedda viene
comunicato di effettuare, una perlustrazione notturna sulla zona
costiera cagliaritana “per la repressione traffici illeciti via mare nel
tratto Elmas – Capo/Carbonara – Capo/Spartivento – Elmas”; decollo ore
18:44. A supportare “la missione” il G.63 Colombina, che avrebbe dovuto
effettuare “un’azione combinata” dal mare di ricognizione del
territorio. L’elicottero della GdF avrebbe controllato una “zona
limitata” della costa cagliaritana, il G.63, invece, si sarebbe spinto
fino alle 60 miglia marine a est di Capo Carbonara (111 chilometri dalle
coste sarde). Se i mezzi erano cooperanti e “la missione” doveva essere
costiera per quale motivo le rotte seguite dai due mezzi della GdF
erano opposte?
Ed ecco le comunicazioni T/B/T tra
l’operatore di Cagliari avvicinamento e il mar. llo Deriu (Sedda,
quindi, era ai comandi) sono le seguenti:
Ore 18:44, Volpe 132 a Cagliari
avvicinamento: “Siamo un A-109 della Finanza, in volo fino a Capo
Carbonara. Effettueremo una piccola ricerca verso sud”.
Ore 18,58, Volpe 132: “A-109 lascia
Elmas per Capo Carbonara a 1000 ft (piedi). Ci dirigiamo verso sud per
seguire i bersagli segnalati dai radar”.
Cagliari avvicinamento “Copiato Volpe 132, allora ci richiamate su Capo Carbonara”.
Volpe 132: “Ricevuto”.
Alle 19,52, Cagliari avvicinamento: “Volpe 132 … Volpe 132, rispondete! Volpe 132 … Volpe 132!”.
La tragedia si è già consumata. Il mar.
llo Deriu e il brig. Sedda sono morti ma Cagliari avvicinamento non lo
sa e continua a chiamare l’elicottero della GdF senza trovare risposta. A
quali bersagli si riferiva il mar. llo Deriu?
Dopo quasi 20 anni, la caduta dell’elicottero, come la morte dell’equipaggio del Lucina, rischia di finire nell’oblio dei cold case italiani.
Mannironi e Pinna hanno definito il
disastro dell’elicottero Volpe 132 l’”Ustica sarda” mentre Magdi
Cristiano Allam e Nacera Benali hanno ipotizzato che la strage
dell’equipaggio del mercantile Lucina sia opera di uno dei leader del
Fis, Lounici Djamel, e del gruppo terroristico Gia. La Procura di
Napoli, che, nel 1995, si è occupata della strage del Lucina, ha emesso
12 ordinanze di custodia cautelare a carico del Fis e del Gia. L’accusa
più grave mossa dalla Procura di Napoli è nei confronti di Lounici
Djamel, ricercato con un mandato di arresto dall’Italia, dal Marocco e
dalla Francia, è accusato di gestire una parte del traffico di armi
internazionale tra Italia, Asia ed Africa. Lo stesso traffico di cui si
occuparono la giornalista Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia nel
1994.
Da anni l’avvocato delle parti civili
Deriu e Sedda, Carmelo Fenudi, si batte perché il caso non sia
archiviato dalla Procura di Cagliari. “E’ inammissibile”, spiega, “che,
secondo gli inquirenti, l’elicottero della Guardia di Finanza sia finito
in una zona d’ombra inaccessibile ai radar!”.
Lo scorso ottobre, il Procuratore Mauro
Mura ha respinto la richiesta di archiviazione della morte dei due
sottufficiali della GdF a causa delle gravissime mancanze investigative
che, negli ultimi 18 anni, non hanno permesso che venisse alla luce la
verità. Oltre all’assenza totale di comunicazioni tra l’elicottero Volpe
132 e la motovedetta G.63; alla “fantomatica” zona d’ombra su cui si
sarebbe trovato l’elicottero; ai 40 minuti di silenzio nelle
comunicazioni T/B/T tra il velivolo della Gdf e Cagliari avvicinamento;
alla mancanza comunicazioni tra il II Gruppo del Nucleo Elicotteristi
Gdf e la Torre di Controllo; a rafforzare la convinzione della Procura
sono state alcune fatti acquisiti dal PM nel corso delle indagini,
quando il sost. proc. Guido Pani ha chiesto all’Aeronautica militare una
copia della relazione della Commissione d’inchiesta ma la richiesta è
stata respinta perché coperta da segreto militare. Secondo il Ministero
dell’Interno e della Difesa, la morte dei due sottufficiali della Gdf è
un incidente, probabilmente dovuto ad un errore del brig. Sedda ma deve
restare coperto sia da segreto di Stato sia da segreto militare.
Altro elemento raccolto dalla Procura
riguarda il furto di un elicottero Volpe 132 dal deposito della GdF di
Oristano, gestito dalla ditta Wind Air s.r.l.. In seguito a una
segnalazione anonima, l’elicottero è stato trovato a Quarto S. Elena. Si
è ipotizzato ad un depistaggio: l’elicottero “gemello”, fatto a pezzi,
doveva essere gettato in mare in una zona distante dal Poligono
Interforze e spacciato per l’elicottero disperso. La Wind s.r.l è
risultata essere una società senza ragione sociale e, probabilmente,
utilizzata come copertura dai Servizi Segreti. Il legale di questa
società, l’avv. Costantino Polo, risulta avere tre diversi dati
anagrafici e innumerevoli residenze, tutte inesistenti.
Da alcuni documenti demaniali dello
Stato italiano è emerso che ad Oristano, tra gli immobili pubblici, c’è
un edificio in via della Tribuna di Campitelli n. 23 dove il codice
corrispondente allo stabile è lo stesso della sede legale della società
Wind s.r.l.. Attiguo al numero civico 23 c’è un altro immobile
appartenente al Ministero dell’Interno, i cui dati catastali e
amministrativi compaiono. Sia l’edificio al n. 23 sia quello del
Ministero dell’Interno sono utilizzati per uso governativo e tale uso è
specificato nelle carte catastali. La sede della Wind s.r.l., dopo il
furto dell’elicottero da Oristano, è stata spostata a Nuoro ad un
indirizzo inesistente.
Che rapporto c’è tra la Wind s.r.l., il
Ministeri dell’Interno e della Difesa, l’elicottero “gemello” del Volpe
132 abbattuto a Faraxi e la morte dei due sottufficiali della GdF? I due
Ministeri non hanno fatto chiarezza avvalendosi ancora una volta del
Segreto di Stato e militare ma è chiaro che questo rapporto c’è e
cammina all’ombra dei depistaggi.
Il caso del Volpe 132 si riapre sul
rapporto tra i traffici internazionali di rifiuti tossici ed armi che
hanno coinvolto anche le nostre coste e i nostri mari, controllati da
camorra, cosa nostra e ‘ndrangheta, passando per il Kosovo, minato dalla
pulizia etnica. Una vecchia ipotesi che diventa nuova e concreta se si
collegano i tasselli del mosaico che legano la morte di Ilaria Alpi e di
Miran Hrovatin, l’abbattimento dell’elicottero Volpe 132 e il mistero
del mercantile “fantasma” Lucina, che fa la spola tra Nuoro, Cagliari e
le acque internazionali.
Nessun commento:
Posta un commento