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venerdì 11 maggio 2012

VERI SARDI SI DIVENTA ...sognare di far da soli è affascinante, ma forse fa ancora un po' paura.



RISPOSTE INATTESE AL SONDAGGIO ACCADEMICO SU IDENTITÀ E AUTONOMIA
IL LUOGO DI NASCITA NON CONTA, MA L'ACCENTO È ANCORA UN PROBLEMA

EDIMBURGO Sarà anche vero che tutti i popoli con un forte orgoglio nazionale si assomigliano: ma poi ciascuno è orgoglioso a modo suo. Sardi e scozzesi, per esempio: in comune un accento marcato, che li identifica con chiarezza solare in mezzo a italiani e britannici. Però probabilmente la parlata sarda è ancora fonte di imbarazzo, per qualcuno. Mentre in Gran Bretagna l'accento del nord è diventato persino cool (un giovane italiano direbbe che fa figo ).

IDENTITÀ DINAMICA È una delle curiosità emerse nel seminario congiunto tra l'Università di Cagliari e quella di Edimburgo, dedicato ai temi delle autonomie regionali, che si è svolto poche settimane fa nella capitale scozzese. Ma non è quello sugli accenti il dato più sorprendente. Sembrerà strano, ma sardi si diventa: lo dicono le risposte a una delle tante domande del questionario sull'identità e l'autodeterminazione, diffuso dalla cattedra di Diritto costituzionale dell'ateneo cagliaritano (coordinatore della ricerca è Gianmario Demuro) insieme a quella di Statistica del professor Francesco Mola. «Si può diventare sardi?», recitava letteralmente il quesito. E tra quelli che hanno compilato il questionario (circa seimila, un numero elevatissimo per una ricerca statistica) il 71% ha risposto sì. Sintomo di un concetto di identità dinamico, non su base etnica. «D'altra parte in Sardegna, negli ultimi anni, si è affermato un indipendentismo non nazionalista», ha sottolineato Ilenia Ruggiu, docente di Diritto costituzionale, nell'incontro con i colleghi scozzesi. Proprio questi ultimi sono apparsi molto colpiti da quella risposta. «Da noi sono più decisivi i fattori etnici», è stata la considerazione del sociologo Michael Rosie: «Conta dove tu sei e dove sei nato».

MEETING A CAGLIARI La ricerca guidata da Demuro, e avviata tre anni fa grazie a un finanziamento della Regione, mirava a cogliere la percezione dei sardi rispetto all'identità locale e all'autogoverno dell'Isola. Un modo per avere dati concreti, e statisticamente attendibili, su cui basare le famose riforme istituzionali. È stato quasi naturale cercare una comparazione con la Scozia, terra di forti fermenti indipendentisti. L'ateneo di Edimburgo conduce da anni dei sondaggi sugli stessi temi, e anzi il questionario sardo è in parte ispirato a quelli scozzesi. I risultati definitivi della ricerca saranno resi noti il 30 maggio a Cagliari, in un convegno a cui parteciperà anche il team britannico. Ma tra le anticipazioni si rilevano, appunto, i diversi sentimenti rispetto agli accenti.

SE PARLA GEPPI Una domanda del questionario chiedeva di attribuire un punteggio, da 1 a 10, a sei elementi considerati i più importanti per «sentirsi sardi». Cinque di questi hanno ottenuto un voto di poco superiore o di poco inferiore a 8: essere nati in Sardegna, viverci, conoscerne la cultura, parlare la lingua, avere genitori sardi. L'unica risposta che si piazza molto sotto (con una valutazione tra il 5 e il 6) è appunto «avere un accento sardo». Gianmario Demuro ipotizza che «ci dia ancora un po' di fastidio essere identificati in quel modo», in base alla chiusura delle vocali o alle doppie distribuite con generosità.

«Era così anche da noi», ha risposto durante il seminario Eve Hepburn, responsabile dell'Academy of Government dell'Università di Edimburgo: «Ma dagli anni '80 in poi è diventato popolare». Dalle nostre parti non è ancora così, ma forse qualcosa è già cambiato: basta vedere con quale successo porti in tv il proprio forte accento una come Geppi Cucciari.

RIVENDICAZIONI Nel convegno di fine maggio saranno illustrati nel dettaglio anche i risultati della parte del questionario relativa alle istituzioni locali, e alle politiche concrete della Regione. «In generale - ha spiegato a Edimburgo Elisabetta Piludu, ricercatrice di Statistica - gli intervistati riconoscono una difficoltà della Sardegna a gestire la propria autonomia speciale, ma invocano comunque maggiori poteri di autogoverno». Però non mancano alcuni dati controversi. Come la risposta alla domanda su chi debba provvedere alla spesa per la sanità pubblica e l'istruzione: il Governo o la Regione? Il 59% del campione ha scelto la prima opzione. «Sembra in contraddizione - ha notato Eve Hepburn - con la richiesta di autonomia fiscale che emerge da altre risposte».
Perché sognare di far da soli è affascinante, ma forse fa ancora un po' paura.

Da L'Unione Sarda del 11 maggio 2012 

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