Un esempio su tutti: per trasportare rifiuti inerti pagati
156 euro la tonnellata, mentre il prezzo di mercato si attesta sui 6
euro. Il Fatto ha spulciato le carte che la Protezione Civile ha
rimosso dal suo sito
La formula magica c’è. Esiste. Semplice, quanto efficace. Basta dire: “Per cause non previste e non prevedibili”.
Con l’aggiunta dell’ “urgenza”. E si aprono i forzieri. Milioni e
milioni di euro, centinaia, quanti nessuno pensava di poterne ottenere.
Subito, senza polemiche, alla faccia di chi parla di burocrazia lenta e
ottusa. La formula è stata sperimentata, abusata e applicata nella
bonifica e nei lavori de La Maddalena per il celeberrimo G8. Un evento fantasma: alla fine, l’allora premier Silvio Berlusconi, spostò tutto a L’Aquila “per stare vicino alle popolazioni terremotate”. Disse.
Ma i lavori non si fermarono. Il Fatto, grazie all’ostinazione di Claudia Zuncheddu, consigliere sardo di Sardigna Libera, e al supporto dei suoi legali (Luigi Azzena e Renato Margelli)
ha potuto spulciare le carte desecretate della Protezione civile.
Appalti, subappalti, accordi. Riaccordi. Aggiunte. Date ultime,
irrevocabili, improvvisamente spostate di giorni e giorni con congrua
aggiunta di soldi.
IL GIOCHINO era così:
io responsabile indico un termine ultimo per la consegna del lavoro, tu
azienda accetti l’incarico e fissi un prezzo (alto) per eseguirlo. Io
accetto, anche se il preventivo è fuori mercato. A ridosso del “chiavi
in mano”, ops, l’azienda scopre di non poter portare a termine “per
cause non previste e non prevedibili”. Non c’è problema, ecco altro
tempo e altrettanti soldi. Un esempio pratico? Sui lotti 8 e 9, i due
interessati dalla procedura attivata dalla Zuncheddu, la tempistica la
fa da padrone. Il 7 luglio 2008 la struttura mette a disposizione un
progetto dell’opera, senza studio dei costi e computo metrico. Tre
giorni dopo il progetto riceve l’approvazione tecnica; il 12 luglio
arriva l’ok; il 14, una sola settimana dopo, viene “individuato” (come e
perché non è dato sapere) un contraente che, dopo attento studio del
progetto e sopralluogo, predispone un’offerta economica e lo invia alla
Struttura di Missione. Bastano ventiquattr’ore e il tutto è approvato.
Attenzione: chi firma è Angelo Balducci
(lui come tutti gli altri coinvolti, non è sotto processo per questi
appalti che sono rimasti fuori dal processo di Perugia). Ma andiamo
avanti: il 21 luglio c’è la consegna del cantiere; l’8 agosto si firma
l’appalto, con un simbolico e generalizzato taglio del 5 per cento
dell’ingente offerta. C’è un termine strettissimo per la consegna dei
lavori. In fin dei conti va giustificata la famosa “urgenza”.
Poi
però scatta la necessità dell’aggiuntina. E il 30 agosto si
sottoscrive un atto con il quale, dopo poche settimane di lavori, viene
concesso un notevolissimo allungamento dei tempi e un consistente
aumento dei costi. I lavori che inizialmente dovevano terminare il 30
agosto, vengono posticipati a novembre una parte, marzo dell’anno
successivo l’altra. Ovvio, nessuno ha chiesto soldi indietro. O un
risarcimento. Anzi, arrivano ulteriori finanziamenti. Fino a
raggiungere cifre che superano i 20 milioni di euro. Ma il giochino era
applicabile a tutto, con un preziario nettamente superiore a quello di
mercato. Se prendiamo come esempio lo smaltimento di una tonnellata di
inerti, scopriamo che dai canonici 6 euro più trasporto, i nostri ne ottengono ben 156.
Per oltre 60.000 tonnellate. Totale: 9.360.000 euro Il risultato?
L’importo complessivo sugli interventi per i 14 lotti totali è stato
incrementato del 44,2 per cento, raggiungendo la mirabolante somma di
quasi 411 milioni di euro. Si partiva da 270. Con dati che ancora oggi
non tornano. Dalle somme investite, al flusso dei trasporti, fino alle
percentuali tra rifiuti pericolosi e meno nocivi. Guido Bertolaso,
a capo della spedizione, ha sempre parlato di uno smaltimento pari a
63 mila tonnellate di scorie e veleni. Dai documenti ufficiali si
scopre che sono 74 mila. Insomma, certezze poche. Dubbi troppi.
IN FIN DEI CONTI
Bertolaso non doveva rispondere a nessuno. In una lettera di risposta
alla Zuncheddu, dal ministero dell’Ambiente, scrivono: “Tutte le
attività di bonifica a terra svolte nell’area sono state approvate ed
eseguite prima che il sito fosse classificato come di interesse
nazionale”. Abbreviato in “Sin”. La classificazione avrebbe comportato
dei vincoli e la trasparenza del caso. Meglio assegnarla dopo. Meglio
evitare ostacoli. “Non male per una struttura che poi non è servita –
interviene la Zuncheddu –, una struttura che adesso la stessa Emma Marcegaglia
(concessionaria e gestrice dell’impianto) fa fatica a tenere in piedi. E
a noi, alla Sardegna, hanno sottratto circa 100 milioni di euro . Una
vergogna totale, come dimostra la lettura delle carte. E Cappellacci
cosa fa?”. Per ora niente. Per ora la regione presieduta dal pupillo
isolano di Berlusconi, è rimasta immobile. Non si è costituita parte
civile, a differenza del comune della Maddalena. Forse vogliono vedere
più chiaro. Un consiglio alla giunta Cappellacci: non andate sul sito
della Protezione civile per ottenere i dati sui lavori. Sarebbe inutile.
Da qualche giorno, all’improvviso, sono stati cancellati. Con urgenza.
Ma senza decreto…
da Il Fatto Quotidiano del 27 aprile 2012
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